ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Archivia 25 Aprile 2017

Violenza istituzionale e reato di tortura

VIOLENZA ISTITUZIONALE e REATO DI TORTURA
Meccanismi coercitivi nello Stato contemporaneo

La violenza non è una caratteristica intrinseca a una certa gamma di azioni, né tanto meno a un insieme di vissuti da vittima: piuttosto rinvia a quanto è stato consensualmente definito accettabili e inaccettabile in una data società
[M.Menegatto, A.Zamperini; Violenza e Democrazia, Mimesis 2016]

Dai fatti di Bolzaneto all’omicidio di Stefano Cucchi, da Mastrogiovanni a Giuseppe Casu, dalle sentenze europee ai molteplici appelli che si diffondo e diramano, si è creato e riconfermato un contesto che chiama a gran voce la necessità di non smettere di discutere su temi fondamentali quali la violenza istituzionale e il reato di tortura.
Il filo rosso dei meccanismi di controllo e coercizione serpeggia tra le nostre vite senza poter essere ignorato, portando alla luce il bisogno di tornare a riconoscere e nominare la violenza e la tortura per quello che sono.
Partendo dall’analisi del significato di Violenza in uno Stato Democratico, cercheremo di comprendere come venga considerato legittimo o meno l’utilizzo della stessa, scoprendo chi viene definito deviante e, quindi, giustamente punito (fisicamente o psicologicamente).

Giovedi 27 aprile ne discuteremo insieme a partire dai testi “Per uno stato che non tortura” e “Violenza e democrazia”, portando all’attenzione il recente appello per un vero reato di tortura
Ne parleremo con:
Adriano Zamperini, autore di “Violenza e democrazia” e docente Università di Padova (Cittadinanza ferita. Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto)
Marialuisa Menegatto, autrice di “Violenza e democrazia” e docente Università di Padova.
Checchino Antonini, Popoff Quotidiano e Acad (Associazione Contro gli Abusi in Divisa)
Caterina Peroni, curatrice di “Per uno Stato che non tortura”

Durante tutta la serata sarà presente un banchetto informativo di ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa – Onlus a scopo di autofinanziamento e tesseramento.
L’incontro si potrà seguire anche in diretta streaming su Radiosonar.net e, successivamente, in podcast!
A seguire sfizioso aperitivo.

A Firenze corteo contro i decreti Minniti/Orlando

Oggi a Firenze saremo in Piazza per manifestare contro i decreti Minniti/Orlando su “sicurezza e degrado nelle città” e quello più specifico sugli immigrati.
Per la liberazione di Gabriele Del Grande, a fianco delle migliaia di persone che si stanno mobilitando in Turchia contro il finto referendum, con la resistenza kurda e turca
Da Piazza santa maria Novella passeremo per via Palazzuolo per attraversare poi San Frediano e terminare in Piazza Santo Spirito, manifestando nelle strade e quartieri vivi e dove ancora solidarietà e socialità non sono parole vuote.
Questi decreti, dal carattere populista e demagogico, fanno leva sulle paure delle persone e tendono a costruire una società “della paura e della sicurezza” dove le istituzioni, ormai sempre più private di capacità di politiche sociali, si fanno garanti nient’altro che dell’ordine.
Il sindaco Nardella ne è stato grande sponsor con comparsate televisive a appoggiare i decreti, primo in Italia a dare un daspo urbano, e si caratterizza per la sua arroganza. Anch’esso incapace di dare risposte a problemi come casa, istruzione o semplicemente la tutela di strade e giardini, si mostra nella veste di sceriffo e tutore della legalità cercando di recuperare consenso ed alimentando di fatto un clima di intolleranza ed odio sociale.
Con questi decreti si legittima una giustizia differente a seconda della categoria di persone: dal barbone all’immigrato, dal frequentante delle curve allo studente fuori dalla norma, dai militanti politici e sociali ai lavoratori conflittuali, tutte categorie cui possono essere applicate leggi speciali: dal Daspo al semplice foglio di via o divieto a manifestare o alla trasmissione nei nuovi lager democratici per immigrati ora chiamati Centri per il rimpatrio. E quando queste categorie non basteranno tante altre, che ora si credono “al sicuro” saranno colpite. E non sarà necessario nemmeno più un giudice, basta un prefetto o un sindaco “ordine e disciplina”.
La vera sicurezza sono per noi casa e salute, istruzione e lavoro, vivere i nostri quartieri senza militari nelle strade e sindaci sceriffi, preferiremmo un sindaco che, invece di spendere 7 Milioni di € per ben 450 nuove telecamere, come fa Nardella a Firenze, spendesse questi soldi per le nostre scuole.
Verso la società della paura preferiamo rispondere con la condivisione popolare dei nostri quartieri, con la socialità e presenza.
In questa giornata vogliamo ricordare anche quanto sta accadendo in Turchia ed il sequestro da parte dello stato turco dello scrittore Gabriele del Grande. Un referendum farsa, contro cui continuano a manifestare milioni di turchi e kurdi, una repressione feroce verso tutte le voci difformi, dai giornalisti, in centinaia nelle carceri di Erdogan, a professori, studenti, militanti. Saremo in piazza per manifestare per la liberazione di Gabriele a fianco della resistenza kurda e turca. Faremo sentire forte la nostra vicinanza attraversando Ponte Amerigo Vespucci con striscioni ed interventi per Gabriele, contro la dittatura di Erdogan.
Venerdì 21 alle 19.00 in Piazza Santa Maria Novella
Perché noi NON ABBIAMO PAURA!

CPA Firenze Sud, Collettivo Politico Scienze Politiche, ACAD – Associazione contro gli abusi in divisa, Palazzuolo Strada Aperta, Per Un’Altra Città, Cantiere Sociale K100fuegos, Rete Collettivi Fiorentini, COBAS, USB, CUB, Fuori Binario, Rete Antirazzista Fiorentina, Associazione Periferie al centro, Firenze riparte a Sinistra, Partito Comunista, CO.R.P.I – Compagnia Resistente, Rete dei Comunisti, Collettivo d’Agraria, Ateneo Libertario Firenze, Collettivo di Scienze, Rifondazione Comunista, PCL Firenze, Associazione Mariano Ferreyra, Circolo Agorà Pisa, UdS Siena, Collettivo Scientifico Autorganizzato, Collettivo Rosso Malpolo

Le Parole delle Azioni

RUDE CLUB,Via Martini 1,  Savona
SABATO 22 APRILE Dalle 18.00:
“LE PAROLE DELEL AZIONI”
Aperitivo/Incontro/Dibattito/Cena sociale/Djset
Maria Teresa Gavazza:
“IL ’68 SULLA MIA PELLE” Il sogno di una rivoluzione
Gigi Bolognini:
“LA FABBRICA E GLI ANNI DI PIOMBO” Non violenza e carcere

Alle 20.30 CENA SOCIALE (Prenotarsi qui sull’evento o via mess pvt):
Cous Cous Vegetariano/Vegano
Torte salate e dolci
SOTTOSCRIZIONE MINIMO 5 EURO.
TUTTO IL RICAVATO ANDRA’ A ACAD ONLUS

A seguire: MARK FROM LA COSCA DJSET (Soul, Ska, Reggae)

“Le persone nominate abitano vicino a te e sono disponibili sempre per approfondimenti. Offrono la testimonianza di una militanza vissuta in prima persona e pagata a caro prezzo, del loro continuare ad “esserci” con un impegno quotidiano politico e spirituale che non ha “perso la tenerezza” ”
LA CITTADINANZA E’ INVITATA
INGRESSO LIBERO

Il decreto Minniti dilata l’area degli abusi in divisa

Il Decreto Minniti-Orlando sulla Sicurezza Urbana è stato convertito in legge dal Parlamento.
Di fatto, il nuovo Ministro degli Interni, l’uomo forte del governo Gentiloni, sferra un attacco violentissimo e frontale alle libertà e ai diritti dell’intero corpo sociale, iniziando col privare i migranti delle garanzie minime del giusto processo (abolizione dei gradi di giudizio, del principio del contraddittorio, creazione di giurisdizioni speciali) continuando poi ad attaccare le fasce più disagiate della cittadinanza attraverso l’introduzione di dispositivi amministrativi pienamente sanzionatori – che sapientemente coordinati con quelli già da tempo esistenti nell’ordinamento come il Testo Unico Leggi di Polizia e le Misure di Prevenzione – restringono ulteriormente gli spazi già angusti delle libertà costituzionalmente garantite in questo paese.

CITTA’ COME CURVE DEGLI STADI
Col decreto Minniti, dopo anni di allenamento nella palestra della repressione che nel tempo hanno rappresentato le curve degli stadi, il DASPO fa il suo ingresso a gamba tesa nel centro delle città da cui i soggetti già marginali, oggi “indecorosi”, potranno essere allontanati per ordine del Sindaco attraverso decisioni amministrative sottratti, se non in casi limitati, al controllo di legittimità dell’autorità giudiziaria e dall’esercizio del diritto di difesa, dunque del tutto discrezionali e dalla forte connotazione arbitraria.
Una libertà fondamentale e costituzionalmente garantita, la libertà di movimento, sarà dunque a totale appannaggio del potere incontrollato dell’organo amministrativo che a fronte di una crescente richiesta di diritti socialie e welfare, in un contesto di crisi economica strutturale, sarà invece legittimato a rispondere con la forza di un provvedimento temporaneo che è già sanzione e che contribuisce non poco a distorcere la natura politica dell’organo in funzione sempre più marcatamente repressiva.
Senzatetto, prostitute, alcolisti, mendicanti; gli stili di vita o lo sfruttamento rappresenteranno al tempo stesso il sintomo e la prova della colpevolezza, in un meccanismo punitivo dove non è più neanche richiesta la commissione di un fatto di reato; per la condanna all’esilio dal centro della città o dalle altre zone urban e individuate come strategiche basterà offrire una brutta impressione di sé incompatibile con l’estetica del contesto, del “decoro urbano” la cui elevazione normativa a bene giuridico da difendere e tutelare rende sufficiente un’impressione sgradevole per legittimare l’allontanamento coattivo.

LA LOGICA DEL NEMICO INTERNO
Grazie al decreto Minniti, la retorica del diverso, dell’emarginato, del soggetto che in fondo non si è impegnato abbastanza o che se l’è andata a cercare, è la stessa che in questi anni è servita a giustificare e/o occultare i numerosi episodi di abusi e violenze perpetuati ai danni dei cittadini finiti nelle mani dello Stato.
Stefano Cucchi era un tossicodipendente, Federico Aldrovandi un ubriaco violento, Francesco Mastrogiovanni un sovversivo e così via; un’operazione di criminalizzazione utile al doppio obbiettivo di annientare le istanze di verità e giustizia provenienti dai familiari delle vittime degli abusi di stato ed alimentare la paura verso un nemico tutto interno per il quale non valgono le stesse regole e garanzie che esistono a favore degli altri cittadini “perbene”; un ghetto normativo dove la sospensione dello stato di diritto è giustificata in partenza.
Nella prassi nessuno dei dispositivi previsti dal decreto Minniti sulla sicurezza urbana, è nuovo all’armamentario repressivo già contenuto nell’ordinamento amministrativo e giudiziario italiano.
Anche l’emendamento sull’allargamento dell’istituto dell’arresto in flagranza differita ai reati compiuti “in presenza di più persone o in occasioni pubbliche” non è stato inventato per l’occasione. Anzi, anche in questo caso il prestito proviene dal mondo del calcio, dove era già prevista la facoltà di procedere all’arresto – con successivo obbligatorio giudizio direttissimo – nelle 48 ore successive ai fatti se dal materiale fotografico o videoregistrato raccolto fosse stato possibile procedere rapidamente all’identificazione dei responsabili di reati compiuti con violenza contro cose o persone.
La logica che, nel decreto Minniti, sottende l’arresto in flagranza di reato è quella di interrompere un comportamento a fronte della sua pericolosità immediata e contemporanea ad una condizione di necessità ed urgenza che legittima la privazione della libertà (o tutt’alpiù quella di inseguire chi appaia l’autore di un crimine per recarne su di sè le tracce, c.d.quasi flagranza).
Quale sarebbe la logica che accompagna l’arresto in flagranza differita se la pericolosità del gesto si è completamente esaurita?
Cosa dovrebbe interrompere l’intervento delle Forze dell’Ordine a distanza di due giorni dai presunti fatti di reato? – presunti sotto il profilo sia della corretta identificazione dei sospettati attraverso la frettolosa visione di materiale foto/video, sia dell’esatto inquadramento giuridico dei comportamenti che in così poco tempo sarebbero per comodità elevati a quello più grave, a fronte della necessità di giustificare l’utilizzo di uno strumento immediatamente privativo della libertà.

INTIMIDAZIONE DEL DISSENSO
Anche su questo punto il Decreto Minniti non cela l’intenzione marcatamente intimidatoria del dissenso, attraverso l’estensione alla piazza di uno strumento investigativo parziale e decontestualizzato da un lato e il rispolvero di vecchi arnesi repressivi mai espunti dall’ordinamento.
I fogli di via piovuti a pioggia su tantissimi attivisti politici nelle ultime settimanene sono il plastico esempio. Le misure di prevenzione utilizzate in occasione del vertice UE a Roma lo scorso 25 Marzo, rappresentano ancora oggi un unicum tutto italiano, un complesso articolato di provvedimenti e sanzioni che conferiscono al Questore prima e all’autorità giudiziaria poi la possibilità di privare della libertà gli individui sulla base dei soli elementi difatto (non prove e neanche indizi, ma caratteristiche sintomatiche come felpe con cappuccio e sciarpe), comminate a prescindere dalla commissione di reati.
Anche in questo caso saranno l’estetica o la provenienza ideologica a suggerire la c.d. pericolosità sociale, categoria tanto ampia e indeterminata da contenere ogni forma di diversità e opposizione sociale e consentire per questo discrezionalità e abusi.
La conversione definitiva dei decreti Migranti e Sicurezza Urbana accompagnata dall’utilizzo massivo di misure di polizia rende palese la volontà politica di criminalizzare le crescenti istanze di giustizia sociale contribuendo non poco ad alimentare quel sentimento di impunità e strapotere che da sempre caratterizza l’azione degli organi di Polizia di questo paese.

AGENTI ANCORA SENZA NUMERO IDENTIFICATIVO
Non è un caso che dalla legge di conversione del decreto Minniti sia stato espunto l’emendamento che avrebbe potuto introdurre il numero identificativo di reparto per le F.O. impegnate nell’ordine pubblico, né appare casuale la galvanizzazione di cui gli stessi agenti sembrano protagonisti da quando il ministro Minniti ha preso funzioni.
Si batte di nuovo col manganello sugli scudi, si inseguono manifestanti per le strade a forza di idranti, scompare pian piano la funzione di mediazione dei funzionari investigativi a tutto vantaggio delle c.d. cariche di alleggerimento dei reparti celere (ennesimo ossimoro a detrimento della corretta definizione dei comportamenti di Polizia dove ogni abuso equivale a un eccesso colposo e mai a una volontà preordinata e cosciente di infliggere lesioni).
Così, mentre alcune delle vittime delle violenze a Bolzaneto e alla Diaz patteggiano per sfinimento, mentre i familiari delle vittime di abusi in divisa lottano nei tribunali perché la verità venga fuori, mentre l’Europa commina ancora sanzioni per la mancata introduzione del reato di tortura, altri due provvedimenti legislativi aggiungono ostacoli al cammino da fare.

i legali di Acad

Aggiornamento processo De Michiel

Martedì 5 Aprile si è svolta l’Udienza del Processo De Michiel, che vede coinvolti 4 agenti della Polizia di Stato e la Famiglia de Michiel. Per la prima volta dal 2009, si sono presentati coloro che sono accusati di aver picchiato i due fratelli.
Per primo è stato ascoltato l’Agente Milani, presente nella Questura di Santa Chiara nella notte del 2 aprile 2009, il quale ha riferito di aver visto Tommaso nel chiostro e di aver notato che riusciva a stare in piedi autonomamente. Inoltre racconta di aver sentito delle minacce da parte del ragazzo nei confronti degli agenti e delle loro famiglie. Infine ha affermato di essere stato presente al colloquio tra il padre dei ragazzi e il capo pattuglia Bressan. Questa testimonianza non trova riscontro nel racconto della famiglia, in quanto il padre afferma di aver salutato Milani (avevano lavorato insieme per diverso tempo) e di non averlo più visto successivamente.
Il secondo a deporre è stato Walter De Michiel, a disposizione per il controesame. Walter ha raccontato la sua versione della storia, senza ricevere alcuna domanda da parte degli avvocati difensori della polizia.
Infine è stato il turno dell’Agente Scelto Paolilli, al tempo in forze presso la Questura di Venezia. Racconta della notte in cui hanno fermato i due ragazzi su Rio del Tentor. A suo dire i ragazzi erano visibilmente alterati (“una certa fiatella alcoolica”) e si rifiutavano di fornire le proprie generalità; dopo diversi minuti in cui gli agenti hanno cercato di calmarli, Tommaso è saltato sull’imbarcazione della Polizia, scivolando, procurandosi delle ferite e iniziando a scalciare ed inveire contro gli agenti. Preoccupati per la facilità di accesso al mitra presente sulla barca, hanno dovuto procedere all’ammanettamento del ragazzo.
Una delle accuse mosse nei confronti di Paolilli è di aver sferrato il calcio ai testicoli di Tommaso: l’agente sostiene invece di aver contenuto il ragazzo solamente in un’occasione e in maniera “amichevole”.
Risulta quindi lampante la differenza tra le versioni, da una parte i ragazzi raccontano di essere stati picchiati e insultati (“zecche di merda”) da Paolilli e colleghi, dall’altra, gli Agenti sostengono di aver voluto evitare problemi per i due fratelli, comportandosi da bravi “Padri di Famiglia”.
La prossima udienza sarà il 21 Giugno 2017 alle ore 14.15, presso il Tribunale di Venezia. Mancano ancora poche deposizioni prima della conclusione: verranno ascoltati Tommaso, Niccolò, gli Agenti Boccia e Cristiano e il Capo Pattuglia Bressan.