ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Torciata in Memoria di Davide Bifolco

Sono passati sei anni dall’omicidio di Davide Bifolco commesso da un Carabiniere. Sei anni in cui il dolore non ha fermato né la famiglia né le tante attiviste e i tanti attivisti assieme agli abitanti del Rione Traiano, che proseguono un percorso di memoria e giustizia.
Sabato 5 Settembre / Via Orazio Coclite
h. 18.00 Messa in Memoria
h. 19.00 Torciata e Corteo
Oggi, a sei anni di distanza dopo centinaia di cortei e appuntamenti, sappiamo che lo stato che aveva già condannato Davide non avrebbe mai concesso giustizia e verità. Continuiamo a connettere persone e modi nuovi di fare perché crediamo che sarà sempre un passo avanti, per far germogliare un esempio di un mondo diverso, in cui la vita non è appesa al luogo da cui provieni, ad un ruolo che ti hanno segnato prima ancora di costruire te stesso.
Questo è stato un anno particolare, uno di quelli che resterà impresso. Agli inizi di Marzo, un altro omicidio a danni di un ragazzino di questa città si è compiuto.
Ugo Russo, a 15 anni, è stato colpito ripetute volte da colpi d’arma da fuoco esplosi da un Carabiniere non in servizio. Una situazione diversa da quella di Davide ma che fanno emergere con preponderanza, di nuovo, quelli che sono i metodi violenti e aggressivi con cui le forze dell’ordine gestiscono le problematiche in Italia.
Una violenza sistemica e con connotati fortemente razzisti che continua, da secoli, a riversarsi per le strade in USA. Il movimento Black Lives Matter, da cui ricevemmo anche un video di sostegno anni fa, ha ripreso con preponderanza a invadere le città, con cortei e appuntamenti che proseguono da mesi.
Una risposta organizzata da parte di milioni di persone, soprattutto nere, che si riversano per le strade rivendicando la fine di questo sistema di violenza e soprusi.

SCENDIAMO NELLE STRADE PER GEORGE FLOYD E PER TUTTI GLI ALTRI!

Noi ci saremo. Anche in Italia, nelle piazze e per le strade, questo fine settimana si terranno numerose manifestazioni in solidarietà alle rivolte che stanno incendiando l’ America a seguito dell’omicidio di George Floyd, un uomo di origine afroamericana, l’ennesima vittima della violenza dei poliziotti bianchi.Ci saremo per denunciare quelli che sono i veri terroristi, coloro che, in America come in tutto il mondo, soffocano e torturano migliaia di afroamericani e latini ogni anno, instillando terrore e sfinimento in chi resta.Ci saremo per i tanti abusi di “casa nostra” dove lo Stato tortura e uccide ogni giorno. Scenderemo in piazza a manifestare ancora una volta lo sdegno per quelle che sono state le vittime del sistema di abusi da parte delle forze dell’ordine anche qui in Italia e per ricordare a tutti quanto la violenza della repressione contro il diverso e contro chi lotta sia una pratica endemica e culturale, alla base del marciume che caratterizza il sistema del controllo sociale di Stato.

Ci saremo venerdì 5 a Pisa.

Ci saremo venerdì 5 e sabato 6 a Roma.

Ci saremo sabato 6 a Firenze. Corteo e presidio.

Ci saremo sabato 6 a Torino.

Ci saremo sabato 6 a Napoli.

Ci saremo domenica 7 a La Spezia.

Ci saremo domenica 7 a Milano.

Ci saremo martedì 9 a Parma.

Ci saremo per ricordarli tutti dal primo all’ultimo, Giuseppe Pinelli, Stefano Cucchi, Dino Budroni, Riccardo Magherini, Arafet Arfaoui, Giuseppe Uva, Michele Ferrulli, Davide Bifolco, Vito Daniele, Federico Aldrovandi, Massimo Casalnuovo, Aldo Bianzino, Daniele Franceschi, Carlo Giuliani, Gabriele Sandri, Franco Mastrogiovanni, Stefano Frapporti, Vincenzo Sapia, Francesco Smeragliuolo, Mauro Guerra, Andrea Soldi, Sekine Traore, Antonio dello Russo, Ettore Stocchino, Riccardo Rasman, Simone La Penna, Ugo Russo.Ci saremo per chi è stato massacrato di botte ed è riuscito a sopravvivere, Tommaso e Nicolò De Michiel, Paolo Scaroni, Stefano Gugliotta, Filippo Narducci, Luca Fanesi. Ci saremo per tutti i morti nelle carceri e tanti altri morti e torturati di Stato. Facciamo ancora una volta appello alla solidarietà e alla giustizia popolare, vi invitiamo tutte e tutti a scendere nelle piazze e nelle strade delle vostre città per unire le vostre voci alle nostre, a quelle degli ultimi e degli emarginati, per dare voce a chi non ne ha più, per dare forza al grido “ No Justice No Peace” che in queste ore sta scuotendo l’America e il mondo intero.

Acad Onlus

Verità e giustizia per Ibrahim

ACAD Associazione contro gli Abusi in divisa aderisce all’appello dell’ex OPG je so pazzo di Napoli per chiedere verità e giustizia per Ibrahim.

Ibrahim Manneh aveva 24 anni, era nato in Costa d’Avorio, era cresciuto in Gambia e da anni viveva qui a Napoli. Ibrahim è morto nella notte tra il 9 e il 10 Luglio di malasanità e di razzismo. I suoi amici, i suoi familiari, i suoi compagni, non sanno ancora come sia stato possibile morire così. Eppure, ciò che ha ucciso Ibrahim non è frutto del caso: il semplice racconto delle sue ultime 24 ore di vita è esemplare dello stato attuale di questo Paese, del clima di odio e di indifferenza all’interno del quale vogliono gettarci, di un sistema ingiusto e spietato dove i diritti più elementari vengono negati.
Scriviamo questo appello per mandare un messaggio chiaro: non possiamo far finta di niente, riteniamo sia doveroso far emergere tutta la verità sulle ultime ore di vita di Ibrahim e che venga fatta giustizia perché quanto successo non accada più.
Ibrahim se n’è andato tra sofferenze indicibili. Il suo calvario è iniziato la mattina del 9 luglio, quando ha cominciato ad accusare forti dolori addominali e si è recato all’ospedale Loreto Mare, che lo ha rimandato a casa dopo un’iniezione senza visitarlo con adeguata attenzione. Immediatamente dopo le condizioni di Ibrahim sono peggiorate, e ha incontrato solo altri ostacoli; l’ostilità del tassista a cui ha chiesto di essere accompagnato nuovamente in ospedale e da cui si è sentito rispondere un no secco. Per trasportarlo, dicevano, c’era bisogno di un fantomatico “permesso della polizia”, solo perché Ibrahim era nero. L’attesa interminabile delle ambulanze del 118 e della guardia medica che non sono mai giunte. L’omissione di soccorso delle forze dell’ordine che davanti alle richieste di aiuto non hanno battuto ciglio tirando diritto con indifferenza. Ibrahim è morto subito dopo essere arrivato finalmente in ospedale dopo essere stato portato in spalla dai suoi amici fino alla guardia medica, dopo un’attesa interminabile in condizioni critiche. Da quel momento suo fratello e gli amici non hanno ricevuto informazioni per quasi 10 ore. I medici si sono rifiutati di parlargli.
Il diritto alla salute, in questo paese, è sempre più un miraggio per una fascia di popolazione in costante aumento, quella più povera e bisognosa che non riesce a permettersi cure adeguate. Ibrahim, senza ombra di dubbio alcuno, è stato vittima di malasanità ma anche e soprattutto del razzismo più subdolo e invisibile di questa società, quello che si esercita tra le file della burocrazia e degli uffici pubblici. Perché era nero, povero, senza qualcuno che potesse garantire, intercedere, per lui. Ibrahim rischia ancora, da morto, di essere nuovamente vittima di un’ingiustizia, del tentativo di insabbiare la verità.
Ibrahim non aveva santi in paradiso, la sua storia non fa gola, e anzi rischia di mettere in pericolo, di gettare ombre su ruoli di responsabilità e dirigenza. È difficile, ma dobbiamo provarci. Non solo perché lo dobbiamo a lui e ai suoi cari, ma perché dobbiamo avere la pretesa che il destino che gli è toccato non colpisca più nessuno. Per farlo abbiamo bisogno di voi: della parte della società più integra e sana, quella che ancora non si sente assuefatta al generale clima di sfiducia e depressione del paese, che ha a cuore la verità, che cerca di restare umana.
Chiediamo di sottoscrivere questo testo, di diffonderlo, di schierarvi. Chiediamo con forza che la storia di Ibra non venga dimenticata, che le Istituzioni preposte si preoccupino di fare emergere la dinamica in cui Ibrahim se n’è andato, le responsabilità, le mancanze. Non è un paese civile quello che accetta che razzismo e malasanità possano mietere vittime impunemente.
VERITA’ E GIUSTIZIA PER IBRAHIM!


per supportare la campagna di sostegno per le spese legali, il rientro della salma in Gambia e per la famiglia di Ibrahim

– BONIFICO BANCARIO –
causale: Verità e giustizia per Ibra
intestata a: ASSOCIAZIONE “TERRA TERRA”
IBAN: IT30B0359901899050188532427

– PAYPAL –
oggetto: Verità e giustizia per Ibra
indirizzo mail: exopgjesopazzo@gmail.com

Per info e adesioni: jesopazzo.org

Condannato il carabiniere che uccise Bifolco

Quattro anni e quattro mesi al carabiniere che uccise Davide Bifolco, diciassette anni, incensurato, disarmato, ucciso in un inseguimento ancora da chiarire
di Checchino Antonini

Condannato a 4 anni e 4 mesi Giovanni Macchiarolo, il carabiniere che, nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2014, uccise il 17enne Davide Bifolco al termine di un inseguimento nel Rione Traiano a Napoli. La sentenza è stata emessa al termine del processo con rito abbreviato, ed è stata accolta dalle proteste dei familiari del giovane e di un gruppo di manifestanti all’esterno del Palazzo di Giustizia di Napoli. «Assassini» e «Davide vive con noi» sono i cori rivolti alle forze dell’ordine disposte davanti all’entrata per impedire l’accesso.
«Per quello che era il compendio investigativo, sul quale mi sono espresso in maniera estremamente critica, è andata molto bene». Così Fabio Anselmo, legale della famiglia di Davide Bifolco e anche di altre famiglie vittime di malapolizia (da Aldrovandi a Cucchi, da Budroni a Magherini ecc…). È una pena «più grave ancora di quella chiesta dallo stesso pm, vicina al massimo in regime di rito abbreviato – aggiunge Anselmo – somiglia molto a una pena più per delitto volontario che colposo». Per Anselmo però, per quanto riguarda le indagini, «si poteva e si doveva fare di più. Migliori indagini avrebbero fugato ogni dubbio. Leggendo gli atti di indagine ho provato tanto imbarazzo. Sono innamorato della giustizia, della divisa, dei Carabinieri, dei giudici e dei pm, ma quando vedi atti di questo genere provo tanta rabbia e amarezza. I rilievi di quella notte non danno conto di nulla».
Luci e ombre, dunque, al termine del primo capitolo di questa vicenda giudiziaria. La battaglia per verità e giustizia di un pezzo della città è certamente all’origine di questo processo mentre i giornali compiacenti erano alle prese con la costruzione della criminalizzazione della vittima tipica di ogni caso di malapolizia. Da quel giorno di settembre Napoli è spaccata tra chi chiede che cessi la violenza dello Stato e chi costruisce una cortina di menzogne per coprire un omicidio, per proteggere istituzioni latitanti e incapaci di autoriformarsi. Fa parte, forse suo malgrado, di questa seconda corrente anche chi – solo pochi giorni fa – dalle colonne di un blasonatissimo quotidiano nazionale ha voluto insinuare che i centri sociali che contestavano una messa in scena di Renzi a Bagnoli fossero «più o meno infiltrati dalla camorra». A giudicare dagli articoli di nera e di giudiziaria l’unico soggetto che a Napoli è davvero implicato con le cosche è il Partito della Nazione nelle sue articolazioni di “sinistra” – il Pd – e in quelle di destra più o meno estrema.
L’uccisione di Davide Bifolco ha scatenato, invece, le urla di dolore dei rioni popolari da sempre incastrati nella morsa convergente della criminalità organizzata e del braccio violento di una legge a senso unico. Anche stavolta è stato importante il ruolo di Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa, nel sostegno concreto alla famiglia Bifolco e nella campagna di controinformazione.

Da popoffquotidiano.it