ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Convocazione Assemblea ordinaria dei/delle soci/e

Assemblea per il rinnovo delle cariche sociali

Si comunica che è stata fissata, in data martedì 16 dicembre 2025 alle ore 20:20, la seduta dell’assemblea ordinaria dei soci per il rinnovo delle cariche sociali. La seconda convocazione, a valere quale assemblea straordinaria, è convocata per la medesima data dalle ore 20:30, in modalità telematica al link: https://meet.google.com/nkb-jeza-mer L’assemblea è fissata la discussione dei seguenti Ordini del Giorno: 1. Rinnovo cariche sociali; 2. Varie ed eventuali. La Presidente Carlotta Simoni

Palmi, il 24 febbraio nuova udienza del processo per l’omicidio di Sekine Traore

Venerdì 24 febbraio, alle 14.30, si terrà al Tribunale di Palmi una nuova udienza del processo per la morte di Sekine Traore, bracciante maliano ucciso l’8 giugno 2016 nella vecchia baraccopoli di San Ferdinando da un colpo di pistola sparato da un carabiniere, oggi accusato di eccesso colposo di legittima difesa.

Quella mattina, a seguito di una chiamata per una presunta lite nella tenda adibita a bar, intervennero in quel ghetto due pattuglie di carabinieri ed una della polizia, per un totale di 6 agenti.

Nonostante l’assenza di qualsiasi situazione di pericolo per altre persone in quanto Sekine, anche se in evidente stato di agitazione e pur con una lama di coltello in mano, era rimasto da solo all’interno della tenda, e nonostante il numero decisamente superiore e l’uso di bastoni, sfollagente e persino un tavolino come scudo, gli agenti non riuscirono a immobilizzarlo, arrivando così all’esplosione di un colpo di pistola, sparato per legittima difesa secondo la versione dei carabinieri.

Dopo aver sentito come testimoni tutti gli agenti operanti, i poliziotti della scientifica e il medico che ha effettuato l’autopsia, il processo è stato rinviato all’udienza del 24 febbraio, nel corso della quale si concluderà la fase istruttoria con i testimoni della difesa dell’imputato e presumibilmente si terranno le discussioni degli avvocati, con possibile sentenza.

Ancora una volta saremo presenti, fuori e dentro il Tribunale, per chiedere verità e giustizia per Sekine Traore.

USB Lavoro Agricolo

Acad – Associazione Contro gli Abusi in Divisa Onlus

TUTTI SCAGIONATI PER LA MORTE DI ARAFET ARFAOUI

IL GIUDICE DISPONE L’ARCHIVIAZIONE. INGIUSTIZIA È FATTA.

LEGALIZZATA LA TECNICA DI TORTURA IN POSIZIONE PRONA.

Dopo la notizia di archiviazione definitiva, ci siamo presi un giorno per scrivere queste righe, un giorno lunghissimo di delusione, dolore e rabbia. Abbiamo seguito questo “caso” fin dai primi istanti, quando ancora il cadavere di Arafet era caldo nel cuore di Empoli, e sua moglie non sapeva neanche che era morto, invitata a raggiungere il commissariato perché suo Marito aveva “combinato un altro disastro”.

Il disastro invece l’avevano commesso loro.

Facciamo una fatica incalcolabile a digerire questa gravissima dimostrazione di impunità per le forze dell’ordine.

ARAFET ARFAOUI non avrà mai un processo. Non avrà mai “giustizia”.

Un uomo muore nelle mani delle forze dell’ordine, ammanettato, legato ai piedi con una corda come carne da macello.

Muore dopo una colluttazione nel bagno privo di telecamere che possiamo solo immaginare, ma ben scritta nei 23 segni di ecchimosi sul suo corpo.

Muore con 5 poliziotti addosso, che per 15 minuti continuano a schiacciarlo al suolo, anche dopo che non si muoveva più, continuando a dire che è violento impedendo di fatto un tempestivo intervento dei sanitari, in ritardo di ben 5 minuti nonostante Arafet sia già agonizzante, in evidente stato di difficoltà, immobile e inerme, senza manifestare alcun cenno di violenza, MAI, (come confermato dai video e dalle dichiarazioni dei sanitari) ma continuano a tenerlo schiacciato in posizione prona, tra lancinanti gemiti di sofferenza registrati durante la telefonata fatta al 118 in quei tragici momenti.

È morto con un consistente edema polmonare, tale da rendere un polmone grande il doppio dell’altro.

MA PER LA GIUSTIZIA ITALIANA VA TUTTO BENE.

È stata archiviata la posizione dei sette indagati per omicidio colposo: cinque poliziotti, un medico e un’infermiera del 118, per la morte di Arafet Arfoui, 31enne, avvenuta il 16 gennaio 2019 durante un controllo di polizia a Empoli.

Tutti scagionati, tutti innocenti. Arafet è morto da solo, per le due birre, un estathe’ e le tracce di cocaina assunta. Tracce, lontane anni luce dalla dose per intossicazione acuta, come dimostrato dalle perizie di parte della moglie Azzurra e di Acad. “un arresto cardiaco provocato proprio dal combinarsi dei fattori di rischio”, quali “ingestione combinata di cocaina e alcol e stress psico-sociale” conclude il Giudice.

È morto di paura?

Ma ciò che è ancora più grave della morte di un uomo che non trova verità e giustizia, sono le parole del perito riprese dal giudice Mancuso nell’ordinanza di archiviazione: “L’assenza del nesso causale rende superfluo indagare eventuali profili di colpa nell’operato del personale di polizia, essendo a questo punto irrilevante il fatto che gli agenti abbiano tenuto Arfaoui in posizione prona piuttosto che di fianco come raccomandano i manuali operativi in uso alle forze di polizia”.

“IRRILEVANTE”???

Secondo il perito la posizione prona non ha effetti nocivi.

Ma se ci sono altre decine e decine di precedenti mortali, se ci sono direttive che dicono ai poliziotti di non tenere le persone arrestate in posizione prona o comunque di spostarle subito su un fianco soprattutto se mostrano malessere, significa che si sa che quella posizione è pericolosa, no???

Come fa il perito a dire che quella posizione di per sé è neutra e IRRILEVANTE???

Con una rabbia incalcolabile per tre lunghissimi anni di duro lavoro dell’avvocato Giovanni Conticelli, di impegno e lotta, di dolore riflesso dalla moglie Azzurra che non si è mai arresa, l’archiviazione di Arafet ci fa male, tantissimo, ci spezza in due tra delusione e frustrazione, ed è inaccettabile, non solo perché non rende giustizia alla morte di un uomo, ma perché giustifica LA POSIZIONE PRONA CHE HA PORTATO ALLA MORTE DECINE E DECINE DI UOMINI NELLE MANI DELLE FORZE DELL’ORDINE.

Abbracciamo Azzurra e Arafet.

Ci abbiamo provato e continueremo a lottare.

BASTA IMPUNITÀ!!

Acad-Onlus

COMUNICATO DI ACAD OLUS IN MERITO AL PROCEDIMENTO AVVIATO CONTRO L’ITALIA DALLA CORTE EUROPEA PER I DIRITTI DELL’UOMO SUL CASO MAGHERINI

Oggi, 07/01/22, la Corte Europea per i diritti dell’uomo ha annunciato l’apertura di un procedimento a carico dell’Italia in merito alla morte di Riccardo Magherini con il quale esige ” chiarimenti su questioni sollevate dall’esame dei fatti, degli atti, delle sentenze e della normativa italiana, che segnalano possibili violazioni della Convenzione europea.”
Un vero e proprio -“atto di accusa” nei confronti dell’Italia, contro gli apparati del controllo e della repressione e contro la politica che li governa-.
l’Italia dovrà rispondere della morte di Riccardo e della malagiustizia che ha garantito l’impunità ai 4 carabinieri che lo fermarono la notte del 3 marzo 2014 fino a condurlo alla morte.
Attendevamo questa notizia, ci aveva informati la famiglia nei giorni precedenti di un’imminente pronuncia della corte europea, e così è stato.
Ci sono voluti quasi 8 anni di battaglie, ma presto Guido avrà quel famoso “foglio di carta con su scritto che me lo hanno ammazzato” da dare a Brando.
Ci aspettiamo sanzioni pesantissime nei confronti dell’Italia per la morte di Riky e per lo scandalo giudiziario che ha portato all’assoluzione in Cassazione dei quattro carabinieri coinvolti.


Riportiamo le più importanti domande poste al Governo italiano:
” l’uso della forza da parte dei carabinieri è stato “assolutamente necessario e strettamente proporzionato” al raggiungimento dello scopo perseguito (il contenimento della persona fermata)? Le autorità pubbliche hanno garantito che fosse tutelata dagli operatori la particolare condizione di vulnerabilità del soggetto in questione? Le stesse autorità possono dimostrare di aver fornito agli agenti che operano in circostanze simili una formazione adeguata, capace di evitare abusi e trattamenti inumani e degradanti?”
Domande che noi abbiamo ampliato e posto più volte nel corso di questi lunghissimi anni.
E che risponda l’Italia del famoso protocollo di intervento che troppo spesso ha causato la morte per asfissia posturale.
Riky come Arafet, Aldro, Michele e troppi altri.
Dovrà dire perché l’Italia ha assolto e giustificato la morte di un uomo che chiedeva aiuto mentre quattro carabinieri lo soffocavano sull’asfalto.
E che risponda l’Italia sulle torture subite da Riky, con i numerosi video e testimonianze che chiariscono quanto accaduto.
E che l’Italia ci dica perché Riccardo aveva “edema ed emorragiole cerebrali perivasali” al CERVELLO; “edema interstiziale e ondulazione delle miofibre con emorragiole subendocardiche” al CUORE; “emorragiole subpleuriche e inralveolari, edema focale intraaveolare e interruzione acuta dei setti e macrofagi intraalveolari” AI POLMONI; “emorragie subcapsulari ed intraparenchimali del lobo caudato” AL FEGATO, e “frattura costale con aspetti di vitalità” ALL’ADDOME in corrispondenza dei calci subiti.
E che risponda l’Italia spiegando come un processo possa partire giusto se fin dall’inizio ci sono state anomalie sostanziali con un PM che non si è mai recato sul posto al momento della morte e non ha coordinato da lì le prime indagini che sono state fatte dai carabinieri stessi!
E che risponda l’Italia sul perché negli anni è stato fatto di tutto per ostacolare la sacrosanta lotta per la verità, che ci dica finalmente perché è stato infangato da istituzioni, questure e giornali il nome di RICCARDO “il drogato a D’ORSO nudo incontenibile” come scrisse uno dei CC, a sottolineare che se la fosse cercata e meritata ( oltre ad evidenziare i suoi problemi con la lingua italiana).
E risponda l’Italia sugli insabbiamenti e le intimidazioni nelle indagini.
Risponda l’Italia spiegando i ritardi sui processi, i magheggi sulle autopsie.
Ci dica perché i soldi pubblici sono stati spesi per mandare innumerevoli camionette ogni qual volta veniva indetto un presidio di solidarietà fuori dai tribunali o per far togliere dalla DIGOS striscioni commemorativi nelle strade di Firenze e non per avviare indagini interne sugli evidenti marciumi a più livelli.
E già che c’è, risponda l’Italia su come sia possibile avere all’interno di un corpo istituzionale persone in divisa che si fanno chiamare “PISTOLERO” che inneggiano pubblicamente sui social ai “sabati fascisti” e al Duce o a definire Riccardo come “il tossico che doveva morire” e poi li ritroviamo ad uccidere per le nostre strade.
Ci dica perché le famiglie delle vittime vengono abbandonate e massacrate da continue delusioni, disillusioni e offese dai vari Governi, Giovanardi o Salvini di turno.
Ci dica perché ogni qual volta la morte di un uomo è causata da appartenenti alle forze dell’ordine dobbiamo subire quel teatro assurdo fatto di processi giudiziari falsati che portano a condanne ridicole di 6-7 mesi in primo grado poi addirittura cancellate in Cassazione davanti all’evidenza di un omicidio.
Ci dica come sia possibile che tutto questo ancora non abbia avuto una fine.
Attendiamo, senza mai smettere di lottare contro ogni abuso.
Un abbraccio a tutta la famiglia Magherini e a tutti gli amici e amiche del Maghero.

Acad-Onlus

APPELLO DI ACAD ONLUS SULLA SITUAZIONE DI RIVOLTA NELLE CARCERI ITALIANE

“Con la diffusione del nuovo coronavirus su tutto il territorio nazionale i detenuti chiedono misure alternative al carcere e un’amnistia con violente rivolte in tutto il paese.”
Le ultime 48 ore ad alta tensione su tutto il territorio nazionale hanno visto insorgere rivolte carcerarie in numerosi penitenziari italiani da nord a sud, qui una panoramica quasi completa  con l’aggiunta delle strutture di Prato e Firenze.
A oggi sono 9 i detenuti morti nel carcere di Modena, 2 dichiarati per overdose di metadone, 1 per overdose di benzodiazepine, 1 per infarto, gli altri detenuti sono morti durante il trasferimento ad Alessandria, Verona, Parma e Ascoli, infine altri tre detenuti sono morti in circostanze ancora da accertare durante la rivolta nel carcere di Rieti.
Tali circostanze si verificano sulla scia di una persistente ed endemica “emergenza” che caratterizza il sistema carcerario italiano tale da ritrovarsi costantemente nella carenza di sanità (mancanza di assistenza adeguata per malati e tossicodipendenti), nel sovraffollamento, nella carenza di servizi per bisogni primari.
Negli ultimi giorni, in pieno allarme Corona Virus, l’istituzione carceraria italiana ha poi deciso di prendere come provvedimenti anti contagio il taglio dei colloqui tra detenuti e familiari, la riduzione al minimo indispensabile di tutto il personale (volontari, psicologi, bibliotecari), la revoca delle ore d’aria e la riduzione, presso alcune strutture, della possibilità di usufruire delle docce.
Non stiamo parlando di restrizioni banali, stiamo parlando delle uniche, importantissime cose che tengono il detenuto ancora in contatto con la società esterna, dei legami con la vita al di fuori del carcere, ma non solo, anche di quei pochi aiuti e punti di riferimento che permettono di portare avanti dei percorsi atti a migliorare le condizioni di vita dei detenuti all’interno dell’area carcere.
Tutta questa serie di provvedimenti è stata presa informando malamente e sommariamente la popolazione detenuta sui rischi e sulle procedure da adottare accrescendo la preoccupazione dei contagi interni, così facendo si è generata la protesta di chi sta “dentro” e rivendica il legittimo dritto alla vita come chi sta “fuori”, ma anche all’esterno la protesta di amici familiari e attivisti è viva e si fa sentire, così come la repressione ai loro danni.
Indulto, amnistia, domiciliari, misure alternative al carcere: queste le grida di rivendicazione nelle rivolte di questi giorni.
Delle persone decedute si sa poco e niente, ad ora si conoscono solamente 3 dei nomi fra coloro che hanno perso la vita durante fatti, ancora tutti da chiarire, ancora una volta il carcere si conferma l’emblema di ogni repressione, abuso e sopruso. “Sarebbero tutti tunisini, tossicodipendenti, che hanno approfittato della rivolta per assaltare l’infermeria e fare razzia di farmaci assumendo dosi letali di metadone” questa la versione ufficiale, che non possiamo assolutamente accettare alla luce dei decessi sospetti e dei tentati suicidi che ogni giorno caratterizzano la realtà carceraria.
Intanto sono state aperte due inchieste dalla procura di Modena. Un fascicolo per omicidio colposo che riguarda i primi tre decessi, l’altro invece per resistenza a pubblico ufficiale, danneggiamento, violenza privata e tentata evasione ai danni dei tenuti stessi.
Chiediamo a gran voce chiarezza sui fatti che hanno portato alla morte 12 persone, chiediamo tutti i nomi di chi ha perso la vita, chiediamo le immediate dimissioni del ministro Bonafede, evanescente impreparato ed assente. Ci uniamo alla voce dei detenuti in lotta, e chiediamo che venga avviato un percorso legislativo serio per arrivare all’ amnistia e all’indulto.
Nell’immediato chiediamo provvedimenti tempestivi e seri che permettano misure alternative al carcere, chiediamo la disposizione di misure domiciliari e/o di sospensione pena per i detenuti in semi-libertà, per gli anziani, i malati, chiediamo misure domiciliari per tutti i detenuti con pena inferiore ai 5 anni.
Esprimendo solidarietà e vicinanza ai detenuti e alle famiglie colpite, facciamo appello ai familiari delle vittime e ai loro avvocati affinché si possa intraprendere una lotta unitaria contro gli insabbiamenti che sistematicamente vengono messi in scena per coprire gli atroci abusi commessi, una lotta comune per la verità sulle morti di Modena e Rieti e mettiamo a disposizione i nostri aiuti medico-legali.
E’ urgente, umano, necessario.

Acad-Onlus

AGGIORNAMENTO DALL’UDIENZA PER L’OPPOSIZIONE ALL’ARCHIVIAZIONE DELLA MORTE DI ARAFET ARFAOUI

Si è da poco conclusa l’udienza a porte chiuse davanti al Giudice per le indagini preliminari Mancuso.
Insieme alla moglie di Arafet, l’avvocato Giovanni Conticelli ha esposto per oltre un’ora la dettagliatissima relazione di opposizione accompagnata da documentazioni audio e video dei momenti che hanno preceduto la morte.
La difesa di Arafet ha concluso chiedendo nuove indagini e ulteriori approfondimenti medico legali necessari a far chiarezza su questa morte gravissima nelle mani delle forze dell’ordine.
il gip si è riservato di decidere e la risposta è attesa nei prossimi giorni.
Abbiamo abbracciato la moglie per i tanti solidali che in questi giorni c’hanno chiesto di farlo.
VERITÀ PER ARAFET.
LA MORTE NON SI ARCHIVIA!
Acad-Onlus