ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Archivia 28 Maggio 2017

Contestiamo Minniti a Padova! No One is Illegal!

Contestiamo il Ministro degli Interni per una città solidale e libera
Venerdì 2 giugno il Ministro degli Interni Marco Minniti verrà a Padova a incontrare il candidato sindaco del centro Sergio Giordani. Possiamo immaginare la gioia del razzista Saia ex assessore sceriffo della destra oggi alleato del P.D. a cui detta la linea in tema di sicurezza.
Al centro dell’incontro ci sarà naturalmente il recente vanto xenofobo del P.D. e cioè la Legge Minniti-Orlando. Questo provvedimento tenta di mettere in atto una “simbiosi mortale” tra politiche di sicurezza urbana sempre più violente, escludenti ed oppressive (il Daspo urbano per i comportamenti indecorosi e antisociali) e un attacco inaccettabile sia verso la libertà e i diritti delle/dei richiedenti asilo (cancellazione del secondo grado di giudizio nell’iter della domanda di protezione internazionale) sia verso gli operatori che operano nel campo dell’accoglienza ( è previsto che si trasformino in pubblici ufficiali minando la loro preziosa condizione di “terzietà”).
Venerdì 2 giugno alla guerra dichiarata alla marginalità e ai migranti dal Minniti vogliamo contrapporre l’idea di una città aperta che rifiuta con forza ogni forma di oppressione e disciplinamento razziale, di genere o economico. All’attacco dichiarato da Minniti ai diritti e alle libertà di tutte e tutti, autoctoni e migranti, rispondiamo costruendo una città meticcia e multietnica attraverso la cooperazione tra tutte le soggettività, i gruppi e i progetti solidali e antirazzisti che ogni giorno lavorano sul territorio!
ore 17.30 – @Liston (via VIII Febbraio) – Padova

Razzismo e violenza di Stato negli USA

Ne parliamo giovedì 1 giugno, ore 18 allo Spazio InKiostro con ACAD (Associazione Contro gli Abusi in Divisa) ReteAntirazzista, Usb ed un rappresentante di BlackLivesMatterCincinnati (USA), importante movimento di denuncia e di lotta contro la discriminazione razziale e la violenza poliziesca nei confronti degli afro-americani.
Ricordate la favola da Prima Repubblica sugli Stati Uniti, “la più grande democrazia del mondo”,” paladini della libertà”, etc. etc.? Oggi nessuno ci crede più. Se gli USA possono ancora attribuirsi dei primati interni, si tratta di quelli, decisamente macabri, che li vedono in cima alle classifiche per numero di omicidi commessi dalla polizia e per tasso di detenuti per abitante.
Se sei un immigrato o un nero e un povero negli USA – condizioni che spesso collimano – hai una probabilità altissima di incontrare un poliziotto nella tua vita, ed una altrettanto alta possibilità di restare ucciso.
A cosa è dovuto questo assurdo livello di repressione? E’ possibile che la discriminazione razziale si manifesti ancora oggi, nel 2017, a 152 anni dalla ratifica del XIII emendamento che ha abolito la schiavitù e sancito l’eguaglianza dei neri?

Un deserto sociale nell’era Minniti Orlando

Decreto Minniti Orlando: Ne parliamo con gli avvocati F. Romeo e Lucia Gennari, Valentina Greco (Attivista) e Moez Chemkhi (Mediatore cuturale, attivista)

Con l’applicazione del decreto Minniti Orlando, pensato e strutturato sulla base di una percezione di insicurezza rilevata, anche a fronte di dati che scardinano tale teoria, si erode senza vergogna la legittimità della nostra costituzione, si colpisce chi già è discriminato, si incrina il pilastro di una struttura che si dice democratica, ovvero il diritto al dissenso. Attraverso la politica securitaria e discriminatoria che sottende questi provvedimenti, non soltanto si cancella ogni garanzia giurisdizionale per i richiedenti asilo, ma viene limitata e contratta l’agibilità politica di chi reputa che in questo paese c’è ancora molto per cui lottare. Per cui protestare. Per cui rivendicare. Un decreto che non tiene conto del monito europeo, che premia i comuni “virtuosi” con la possibilità di assumere più forze dell’ordine o di aumentare la videosorveglianza sul proprio territorio, che impone daspi a chi vuole raggiungere le piazze di protesta e li impone in base all’orientamento ideologico. Che istituisce nuovi CIE e organizza il percorso all’accoglienza attorno alla strada maestra del rimpatrio. Bisogna stare molto attenti. Bisogna leggere oltre le parole scritte di un decreto, applaudito anche dalle parti più insospettabili, perchè dietro la risposta alla sicurezza urbana – assolutamente inefficace, contradditoria e totalmente discriminatoria –, si nasconde un piano più sottile. Un quadro che sta prendendo una forma meglio definita ora, che ci parla di un inasprimento sempre maggiore delle misure repressive, della produzione sempre maggiore di azioni preventive volte ad ostacolare una certa parte della società. Una certa parte di dissenso. Una realtà dove si sta piano piano accostando la solidarietà con la criminalità.
E’ importante, ora più che mai, confrontarsi sulla realtà e sul futuro in cui vogliono confinarci, un futuro di razzismo e paura, di marginalità lasciate a sè stesse, di diritti negati.
Ne parleremo insieme a tre esperti, ciascuno compentente di una particolare area, con l’intento di stimolare nuove consapevolezza e nuovi spunti di riflessioni.

 

Tortura, che brutta legge! Non la vota nemmeno chi l’ha scritta

Legge sulla tortura, passa al Senato (e torna alla Camera) un testo stravolto, peggiore perfino della prima stesura che alcuni consideravano meglio di niente. Manconi si rifiuta di votare
di Checchino Antonini

Tortura: 195 voti a favore e 8 contrari, è stata approvata oggi dal Senato la proposta di legge sull’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano ma Acad, così come Amnesty International Italia e Antigone non nascondono la propria delusione di fronte a un testo che rischia di normare la tortura piuttosto che punirla. «La lobby delle polizie ha la sua legge: torturare si può, purché si rispettino i piccoli accorgimenti suggeriti dalla legge che ora tornerà alla Camera – dicono gli attivisti di Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa – il reato di tortura, invece, dovrebbe essere specifico e imprescrittibile delle forze dell’ordine e dei pubblici ufficiali, come chiede la convenzione internazionale firmata dall’Italia nel’88. Ma la legge che stabilisce che il reato di tortura sia attuato solo con una pluralità di trattamenti disumani o degradanti ed esclude la configurabilità del reato in caso di uso legittimo della forza da parte delle forze dell’ordine a seguito di un ordine impartito. Un risultato imposto dalle pressioni degli apparati di polizia e dell’ambiguo sindacalismo del comparto sempre pronto a difendere gli autori di abusi in divisa e salvaguardare la “licenza di tortura” per gli operatori del settore».
«Il Senato ha approvato una legge truffa sulla tortura, scritta in modo da renderla inapplicabile e in totale contraddizione con la convenzione Onu sulla tortura e con le indicazioni contenute nella sentenza di condanna contro l’Italia della Corte europea per i diritti umani del 7 aprile 2015 (Cestaro vs Italia per il caso Diaz). E’ un testo provocatorio e inaccettabile, che il parlamento non può approvare, se l’Italia intende rimanere nel perimetro delle nazioni democratiche e all’interno della Convenzione europea sui diritti umani e le libertà fondamentali, firmata nel 1950». Così è spiegato bene in una lettera firmata da Enrica Bartesaghi, Arnaldo Cestaro, Lorenzo Guadagnucci (Comitato Verità e Giustizia per Genova); Ilaria Cucchi, Enrico Zucca (già pm nel processo Diaz), Roberto Settembre (già giudice nel processo d’appello per Bolzaneto), Fabio Anselmo, Michele Passione (avvocato, studioso della tortura), Vittorio Agnoletto (già portavoce del Genoa social forum), Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto (psicologi, autori di studi sulla violenza collettiva e le vittime di tortura), Marina Lalatta Costerbosa (docente universitaria, autrice del libro “Il silenzio della tortura”), Pietro Raitano (direttore di Altreconomia). «Nel testo licenziato dal Senato il crimine di tortura è configurato come reato comune e non proprio del pubblico ufficiale, arrivando alla scrittura di una norma volutamente ingannevole e quindi pressoché inapplicabile; la tortura è tale solo se “violenze”, “minacce” e “condotte” sono plurime (in tutto il mondo si usa giustamente il singolare); la tortura mentale – la più diffusa – è tale solo se “il trauma psichico è verificabile” (quindi sottoposto a incerte valutazioni, con inevitabili disparità di trattamento e lasciando la porta aperta a tecniche, come la deprivazione sensoriale, oggi praticate in tutto il mondo); la possibilità di prescrizione permare (il Senato ha addirittura eliminato il raddoppio dei termini previsto dal testo della Camera, mentre le convenzioni internazionali e la Corte di Strasburgo richiedono la imprescrittibilità del reato); non è previsto alcun fondo per il recupero delle vittime (altro obbligo disatteso, mentre in altre leggi si prevede il rimborso delle spese legali per certe categorie di imputati); nulla si dice – ulteriore mancanza rispetto agli obblighi internazionali – sulla sospensione e la rimozione di pubblici ufficiali giudicati colpevoli di tortura e trattamenti inumani e degradanti.
Se la Camera approvasse questo testo, l’Italia avrebbe una legge che sembra concepita affinché sia inapplicabile a casi concreti; avremmo cioè una legge sulla tortura solo di facciata, inutile e controproducente ai fini della punizione e della prevenzione di eventuali abusi.
E’ nell’interesse dei cittadini e delle stesse forze di sicurezza mantenere l’Italia nel perimetro della migliore civiltà giuridica, perciò chiediamo ad Antigone, ad Amnesty International, alle associazioni, a tutte le persone di buona volontà di battersi con ritrovata fermezza affinché la Camera dei deputati cambi rotta e il parlamento compia l’unica scelta seria possibile, ossia il ritorno al testo concordato in sede di Nazioni Unite. Quel testo garantisce un equilibrato aggiornamento del codice penale e può essere approvato dal parlamento nell’arco di poco tempo, entro la fine di questa legislatura.
“Questa legge – dicono Amnesty e Antigone – qualora venisse confermata anche dalla Camera sarebbe difficilmente applicabile. Il limitare la tortura ai soli comportamenti ripetuti nel tempo e a circoscrivere in modo inaccettabile l’ipotesi della tortura mentale è assurdo per chiunque abbia un minimo di conoscenza del fenomeno della tortura nel mondo contemporaneo, nonché distante e incompatibile con la Convenzione internazionale contro la tortura. Con rammarico prendiamo atto del fatto che la volontà di proteggere, a qualunque costo, gli appartenenti all’apparato statale, anche quando commettono gravi violazioni dei diritti umani, continua a venire prima di una legge sulla tortura in linea con gli standard internazionali che risponda realmente agli impegni assunti 28 anni fa con la ratifica della Convenzione”.

Una legge così brutta che non la riconosce nemmeno il suo primo firmatario, Luigi Manconi, piddì ma spesso in controtendenza con gli spiriti autoritari e sicuritari che albergano nella ditta fondata da ex Pci ed ex Dc. «Non ho partecipato al voto sull’introduzione del delitto di tortura nel nostro ordinamento perché lo considero un brutto testo. E la scelta di non votarlo è per me particolarmente gravosa visto che del disegno di legge che originariamente portava il mio nome, depositato esattamente il primo giorno della presente legislatura, non rimane praticamente nulla. Innanzitutto – spiega – perché il reato di tortura viene definito comune e non proprio, come vogliono invece tutte le convenzioni internazionali dal momento che si tratta di una fattispecie propria dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio. Derivante, quindi, dall’abuso di potere di chi tiene sotto la propria custodia un cittadino. Inoltre, nell’articolato precedente, si pretendeva che le violenze o le minacce gravi fossero ‘reiterate’ (e già era un problema grave, ndr). Questa formula è stata sostituita nel testo attuale da ‘più condotte’. Dunque il singolo atto di violenza brutale (si pensi a una sola pratica di waterboarding) potrebbe non essere punito. Ancora, la norma prevede perché vi sia tortura un verificabile trauma psichico. Ma i processi per tortura avvengono per loro natura anche a dieci anni dai fatti commessi. Come si fa a verificare dieci anni dopo un trauma avvenuto tanto tempo prima? Tutto ciò significa ancora una volta che non si vuole seriamente perseguire la violenza intenzionale dei pubblici ufficiali e degli incaricati di pubblico servizio in danno delle persone private della libertà, o comunque loro affidate, quando invece è solo l’individuazione e la sanzione penale di chi commette violenze e illegalità a tutelare il prestigio e l’onore dei corpi e della stragrande maggioranza degli appartenenti».
Ma per Giovanardi Carlo, controversa figura di democristiano di destra esplicitamente a capo della lobby delle polizie è già troppo un testo del genere perché, a suo dire, «pur riconoscendo la correzione di inaccettabili forzature della Camera tese a paralizzare con pregiudiziali ideologiche l’attività delle forze dell’ordine, il testo votato contiene ancora inaccettabili ambiguità che ci hanno portato ad un voto di astensione». Così i senatori di Idea, il partito di cui fa parte il senatore, indagato per presunti favori per una ditta in odor di ‘ndrangheta, noto per le sue dichiarazioni violente contro le vittime di malapolizia e le loro famiglie, non hanno votato il testo che tornerà in quarta lettura alla Camera dei Deputati. «Continueremo a respingere con forza – prosegue Giovanardi – l’accostamento che si continua a fare fra tragiche vicende di tortura vera come quello di cui è risultato vittima Giulio Regeni in Egitto e i nove italiani e trucidati a Dacca con una situazione italiana nella quale comportamenti illeciti sono già puniti dal codice penale con reati come lesioni e percosse, semplici o aggravate che non possono essere però confuse con la tortura, così come viene purtroppo praticata in tanti paesi del mondo».

Da popoffquotidiano.it

Firenze, aggiornamento sul Processo Magherini

Prossima udienza 19 Ottobre

Si è conclusa da poco la prima lunghissima udienza del processo d’appello per la morte di Riccardo Magherini.
Nella prima fase la giudice Romagnoli ha sintetizzato le 184 pagine delle vergognose motivazioni che hanno portato la giudice Bilosi alla sentenza dell’ 13 luglio scorso. Sentenza di primo grado che ha assolto Ascenzi e condannato Castellano, Della Porta e Corni rispettivamente a 7 e 8 simbolici mesi, condanne ridicole mai scontate con il beneficio della condizionale. Le motivazioni sembrano quelle di una sentenza di assoluzione per le divise imputate mentre non si risparmiano le accuse nei confronti di Riccardo. Una sentenza che di fatto condanna e colpevolizza “il morto” e dove la maggior parte dei testimoni che chiarivano i fatti di quella notte sono stati giudicati inattendibili.
Il Procuratore Generale Bocciolini ha chiesto 1 anno di condanna per Castellano, Corni e Della Porta e per la volontaria della CRI Matta, per l’altra volontaria Mitrea 8 mesi . Poi è stata la volta delle lunghe arringhe degli avvocati della Famiglia Magherini e delle parti civili, tutti presenti in aula insieme a numerosi amici, solidali e Ilaria Cucchi , assenti invece gli imputati CC. Gli avvocati Anselmo e Alfano hanno analizzato tutte le deposizioni e le testimonianze dove appare chiaro che l’unica causa della morte è stata l’asfissia e il comportamento violento dei CC durante un arresto ingiusto. Anselmo ha iniziato ricordando che “gli imputati tutelano la violenza, noi tuteliamo il diritto alla vita”.
L’ attenzione è stata puntata poi sui numerosi depistaggi che hanno accompagnato le indagini e la prima fase processuale
” smettete di scrivere sulla tastiera non è depistaggio per la sentenza, come è possibile tutto questo?” -ha fatto notare l’ Avv. Alfano – “testimoni che spariscono per evitare l’ intervento del pm sul luogo di morte cos’ è se non depistaggio?” “Intimidire i testimoni cos’ è? Far condurre interrogatori e prime indagini agli stessi indagati cos’ è? Se non depistaggio” Le parole dell’ Avv. Alfano visualizzano un disegno preciso mirato a far morire Riky per droga per coprire gli abusi commessi. Dalle parole degli avvocati è emerso alla perfezione che se Riccardo moriva in strada il pubblico ministero sarebbe dovuto intervenire subito e invece la vergogna è stata proprio questa: l’ inizio del depistaggio come un copione già scritto, Riccardo fatto morire in ospedale per iniziare i depistaggi e preparare il terreno per garantire l’ impunità a chi lo aveva ucciso. Parole che di fatto hanno ridicolizzato la sentenza salvandola solo nel valore simbolico che ha avuto per la famiglia in quanto ad oggi può chiamare assassini tre dei 4 carabinieri che hanno spezzato la vita di Riky quella notte. Ma tutto il resto rimane una grande vergogna.
La vita di Riky vale molto di più.
E l’hanno ridotto così, loro, questo non può essere cambiato.

Tesseramento ACAD a Potenza

Il Csoa Anzacresa in quanto punto Acad sostiene e promuove la campagna di tesseramento ACAD: Associazione Contro gli Abusi in Divisa.
Ore 19.00 – Via degli Olmi 4, zona Montereale, Potenza.
– Assemblea tematica: “Decreto Minniti e repressione”, approfondiamo il decreto e ne discutiamo alcuni aspetti che andranno ad inasprire il clima delle città attraverso una piaanificata e spesso preventiva repressione.
– Tesseramento Acad: Sarà possibile sostenere l’associazione attraverso il tesseramento (10€), sarà anche presente il banchetto con materiale informativo e divulgativo ACAD.
– Aperitivo di autofinanziamento: cibo e bevande a offerta libera, per sostenere lo spazio.