ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Archivia 21 Aprile 2016

Condannato il carabiniere che uccise Bifolco

Quattro anni e quattro mesi al carabiniere che uccise Davide Bifolco, diciassette anni, incensurato, disarmato, ucciso in un inseguimento ancora da chiarire
di Checchino Antonini

Condannato a 4 anni e 4 mesi Giovanni Macchiarolo, il carabiniere che, nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2014, uccise il 17enne Davide Bifolco al termine di un inseguimento nel Rione Traiano a Napoli. La sentenza è stata emessa al termine del processo con rito abbreviato, ed è stata accolta dalle proteste dei familiari del giovane e di un gruppo di manifestanti all’esterno del Palazzo di Giustizia di Napoli. «Assassini» e «Davide vive con noi» sono i cori rivolti alle forze dell’ordine disposte davanti all’entrata per impedire l’accesso.
«Per quello che era il compendio investigativo, sul quale mi sono espresso in maniera estremamente critica, è andata molto bene». Così Fabio Anselmo, legale della famiglia di Davide Bifolco e anche di altre famiglie vittime di malapolizia (da Aldrovandi a Cucchi, da Budroni a Magherini ecc…). È una pena «più grave ancora di quella chiesta dallo stesso pm, vicina al massimo in regime di rito abbreviato – aggiunge Anselmo – somiglia molto a una pena più per delitto volontario che colposo». Per Anselmo però, per quanto riguarda le indagini, «si poteva e si doveva fare di più. Migliori indagini avrebbero fugato ogni dubbio. Leggendo gli atti di indagine ho provato tanto imbarazzo. Sono innamorato della giustizia, della divisa, dei Carabinieri, dei giudici e dei pm, ma quando vedi atti di questo genere provo tanta rabbia e amarezza. I rilievi di quella notte non danno conto di nulla».
Luci e ombre, dunque, al termine del primo capitolo di questa vicenda giudiziaria. La battaglia per verità e giustizia di un pezzo della città è certamente all’origine di questo processo mentre i giornali compiacenti erano alle prese con la costruzione della criminalizzazione della vittima tipica di ogni caso di malapolizia. Da quel giorno di settembre Napoli è spaccata tra chi chiede che cessi la violenza dello Stato e chi costruisce una cortina di menzogne per coprire un omicidio, per proteggere istituzioni latitanti e incapaci di autoriformarsi. Fa parte, forse suo malgrado, di questa seconda corrente anche chi – solo pochi giorni fa – dalle colonne di un blasonatissimo quotidiano nazionale ha voluto insinuare che i centri sociali che contestavano una messa in scena di Renzi a Bagnoli fossero «più o meno infiltrati dalla camorra». A giudicare dagli articoli di nera e di giudiziaria l’unico soggetto che a Napoli è davvero implicato con le cosche è il Partito della Nazione nelle sue articolazioni di “sinistra” – il Pd – e in quelle di destra più o meno estrema.
L’uccisione di Davide Bifolco ha scatenato, invece, le urla di dolore dei rioni popolari da sempre incastrati nella morsa convergente della criminalità organizzata e del braccio violento di una legge a senso unico. Anche stavolta è stato importante il ruolo di Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa, nel sostegno concreto alla famiglia Bifolco e nella campagna di controinformazione.

Da popoffquotidiano.it

800588605. Punkreas con Acad nella lotta agli abusi in divisa

I Punkreas, la punk band più famosa d’Italia, tornano con un nuovo album “Il Lato Ruvido” e confermano la loro natura profonda di band militante al fianco delle lotte sociali.
Il secondo singolo dell’album, dopo “In fuga” prodotto insieme a Lo Stato Sociale, si intitola “800588605″ come il Numero Verde per denunciare gli abusi in divisa e attivo ventiquattro ore su ventiquattro gestito da ACAD, l’Associazione Contro gli Abusi in Divisa.
Il pezzo, punk tagliente allo stato puro, denuncia senza mezzi termini il problema della violenza dilagante che in Italia sta lasciando morti e feriti nella caserme, nella prigioni e nelle strade. Una violenza contro la quale è necessario dare voce e forza a quegli strumenti, come l’associazione ACAD e il numero verde, utili a difendersi e a costruire solidarietà attiva al fianco delle persone e delle famiglie colpite.
I Punkreas hanno dedicato a questo brano un videoclip per sottolineare l’importanza del messaggio, per sostenere il lavoro di ACAD attraverso la creazione degli AcadPoint in ogni città e aderendo alla campagna di adesione attraverso il sito dell’associazione.
ACAD è una realtà che dal basso presidia i tribunali durante le udienze al fianco delle famiglie, racconta quelle verità scomode spesso oscurate o occultate, organizza manifestazioni e iniziative di sensibilizzazione, costruisce strumenti dal basso per resistere e fare in modo che non accada mai più.
Dopo il videoclip “Figli come Noi” de Il Muro del Canto, ecco un ‘altro pezzo importante della storia della musica che si schiera contro gli abusi in divisa e al fianco di Acad.
Il nuovo disco verrà presentato al Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito di Milano il 22 aprile prossimo, il giorno dopo i Punkreas faranno una seconda data al Centro Sociale Rivolta a Marghera. A sostenere il progetto, un ‘consorzio’ di tre etichette indipendenti: Canapa Dischi, Rude Records e Garrincha Dischi e a distribuirlo Edel Italy/The Orchard. 12 canzoni al vetriolo, abrasive e dal suono travolgente, ma sempre melodicamente irresistibili come nella loro migliore tradizione.
Il disco vanta diverse collaborazioni e featuring importanti: Lo Stato Sociale nel brano In Fuga, Modena City Ramblers nel brano Modena – Milano, Tito Faraci, autore del testo in Picchia più duro e il giovanissimo rapper Shiva, in Va bene così. Sarà proprio il singolo realizzato in collaborazione con i ragazzi de Lo Stato Sociale ad anticipare l’uscita dell’album. Stay tuned.

Da popoffquotidiano.it

Sentenza Uva, vergogna senza fine appello alla mobilitazione

La sentenza di assoluzione, emessa ieri a Varese che assolve gli agenti indagati per la morte di Giuseppe Uva, è di una gravità inaudita.
Giuseppe è stato fermato illegalmente, sequestrato e pestato.
Giuseppe era un uomo semplice, morto mentre era nelle mani dello Stato.
ACAD non accetta questa sentenza, non subirà in maniera passiva questa ingiustizia come crediamo non debba farlo il paese tutto.
Crediamo che ancora di più oggi vada gridata quella verità scomoda che Lucia non ha mai smesso di raccontare nelle aule di tribunale, nelle piazze e nelle strade fino al Parlamento Europeo lo scorso 15 Marzo.
Non accettiamo questa sentenza “A SORPRESA” orchestrata ad arte solo per impedire che ci fossero centinaia di persone e decine di associazioni a sentire insieme a Lucia questa vergognosa ingiustizia.
Chiediamo a tutti e a tutte di mobilitarsi innanzitutto sui social network postando la propria foto con scritto “#sappiamochièstato Giustizia per Giuseppe Uva” e inviarle alla pagina facebook di ACAD.
Inoltre chiediamo a tutte le realtà sociali di comunicare con ogni mezzo possibile la gravità di questa sentenza, le modalità con cui è stata emessa e il pericoloso precedente che rappresenta.
E’ tempo di rompere tutti silenzi, di ribellarsi all’impunità dilagante, di difenderci contro questa violenza inaudita.
Per difenderci tutti e tutte, per Giuseppe e tutte le vittime di abusi in divisa.

ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa

Aggiornamento processo Budroni

L’udienza è stata rinviata al 14 Novembre alle ore 12.00, tra le principali motivazioni di questo rinvio c’è la reale possibilità di modificare il capo di imputazione da “Omicidio Colposo” a “Omicidio Volontario”. Qualora questo avvenisse la competenza per materia passerebbe alla Corte d’ Assise, corte composta anche da Giudici Popolari. Inoltre nel caso il capo di imputazione diventasse “omicidio volontario” si allungherebbero i tempi della prescrizione e quindi il processo potrebbe avere uno svolgimento con tempi utili all’approfondimento della vicenda e dei suoi molteplici aspetti controversi.