ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Archivia 22 Gennaio 2016

UNA LUCE PER CIRO Fiaccolata a Torino

Ciro Lo Muscio viene investito e ucciso il 29 dicembre 2015 da un auto civetta della polizia lanciata a forte velocità in Corso Grosseto a Torino. Molti testimoni hanno visto l’accaduto e raccontano di una velocità assurda e di un impatto violentissimo. La volante era in servizio ma non rispondeva ad alcuna chiamata di emergenza e viaggiava senza l’utilizzo della sirena e dei lampeggianti. Ad un mese dall’accaduto vogliamo ricordare Ciro e chiedere verità e giustizia attraverso una manifestazione pacifica che tornerà sul luogo dell’incidente e arriverà fino sotto casa di Ciro e della sua famiglia.

VERITA’ E GIUSTIZIA PER CIRO LO MUSCIO

Venerdì 29 gennaio 2016 alle ore 20:30
Corso Grosseto, 10147 Torino

Caso Uva, il colpo di spugna della pubblica accusa

La pm di Varese chiede l’assoluzione con formula piena degli otto, tra agenti di polizia e carabinieri, imputati per l’omicidio preterintenzionale di Giuseppe Uva
di Ercole Olmi popoffquotidiano.it

In due ore scarse la pm di Varese ha sostanzialmente liquidato il caso Uva, morto il 14 giugno del 2008. La requisitoria, infatti, s’è conclusa chiedendo l’assoluzione con formula piena dei carabinieri e degli agenti di polizia, in tutto otto imputati di omicidio preterintenzionale, perché non ci sarebbe prova delle percosse quindi nemmeno si porrebbe il nesso causale tra queste e il decesso dell’uomo avvenuto alcune ore dopo, il fermo in ospedale. Il pm ha voluto stroncare – almeno ci ha provato visto che le controdeduzioni della parte civile proveranno a smontarne il ragionamento il prossimo 29 gennaio – le perizie sulla causa di morte che i periti hanno individuato nella tempesta emotiva scatenata da percosse contenzione e stato alcolemico di Giuseppe Uva, la cosiddetta teoria del trigger. Tutto dentro un ragionamento che ha scelto, tra quelli forniti dalle testimonianze, solo gli argomenti non contraddicono la tesi assolutoria, il colpo di spugna su una oscura vicenda di malapolizia. Tra i passaggi più clamorisi quello in cui la pm ha sostenuto che Uva è stato arrestato ma solo momentaneamente privato della libertà per tutelare la sua salute e non continuasse a delinquere. Altrimenti c’era il rischio che si facesse male? Più male di come s’è sentito nelle mani di otto tutori dell’ordine, stando alla testimonianza dell’amico fermato con lui quella notte.
E nemmeno ci sarebbe la prova che i pantaloni sporchi di sangue, consegnati da Lucia Uva, la sorella dell’uomo morto, fossero gli stessi indossati quella sera. Lucia, inoltre, avrebbe toccato impropriamente il cadavere. Il processo rischia di rovesciarsi sulle vittime. L’unica consolazione, come segnala Fabio Ambrosetti, legale della famiglia Uva, l’ammissione che il pm in carica fino allo scorso anno, Agostino Abate, non ha fatto a suo tempo le indagini dovute.
Erano le 2,55 del 14 Giugno 2008, si può leggere sul sito di Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa che anche stamattina era presente in aula con alcuni attivisti: in una stanza del comando provinciale dei carabinieri di via Aurelio Saffi si trovava Giuseppe Uva denunciato a piede libero insieme al suo amico Alberto Biggiogero per “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone.” Giuseppe quella sera era in giro per la città con il suo amico Alberto Biggiogero. Un po’ alticci i due arrivano all’altezza di via Dandolo e per goliardia spostano alcune transenne con l’intenzione di chiudere la strada al traffico. Ridono, urlano, fanno confusione, troppo per gli abitanti del quartiere che chiamano i carabinieri. Sul luogo arriva una gazzella con a bordo il brigadiere Paolo Righetto e l’appuntato capo Stefano Dal Bosco. La fase del fermo e dell’arresto – raccontata da Biggiogero – discorda con quella messa a verbale: all’arrivo della gazzella il brigadiere Righetto scende dalla macchina urlando: ”Uva proprio te cercavo stanotte, questa non te la faccio passare liscia, questa te la faccio pagare!”. Inizia quello strano inseguimento a piedi tra Uva e il brigadiere che quando lo raggiunge lo scaraventa a terra e comincia a malmenarlo. Alberto interviene ma viene spinto via e finisce addosso all’altro agente che lo schiaffeggia accusandolo di averlo urtato volontariamente. Nel frattempo Uva viene trascinato verso la gazzella e scaraventato sui sedili posteriori. Il brigadiere continuava a inveire contro di lui prendendolo a calci e pugni. Giuseppe chiede aiuto ma Alberto non può intervenire in quanto immobilizzato dal secondo agente. In quel frangente arrivano due volanti della polizia e viene intimato a Biggiogero di salire in macchina. Lui chiede di andare con il suo amico ma la polizia, per tutta risposta gli mostra il manganello e gli chiede se abbia voglia di provarlo. A quel punto la gazzella con Giuseppe parte e Alberto non vedrà più il suo amico vivo, il peggio deve ancora arrivare. In caserma Alberto sente distintamente le urla dell’amico, ogni volta che chiede di smetterla con il pestaggio viene minacciato dagli agenti fino a che non decide di chiamare il 118 dal suo cellulare per richiedere un ambulanza. L’operatore del 118 dice ad Alberto che avrebbe mandato l’ambulanza ma al termine della telefonata anziché inviare il mezzo il 118 chiama la caserma per avere conferma. Gli viene risposto che non c’è bisogno di alcuna ambulanza e che la chiamata è stata effettuata da due ubriachi a cui adesso avrebbero tolto il cellulare. Alle 6 sono gli stessi carabinieri a chiamare il 118 per far portar via Giuseppe Uva. Alle 11.10, otto ore dopo l’arresto e quattro dopo il ricovero Uva è un uomo morto.

Testimoni a Torino per Ciro Lo Muscio

ATTENZIONE TESTIMONI A TORINO PER CIRO LO MUSCIO
CON PREGHIERA DI MASSIMA DIFFUSIONE e CONDIVISIONE
scrivi alla mail veritaperciro@gmail.com

La notte del 29 dicembre 2015 intorno alle ore 21.00 Ciro Lo Muscio viene investito e ucciso da un auto civetta della Polizia senza sirena e senza simboli che sembra viaggiasse a forte velocità lungo corso Grosseto a Torino, all’altezza del civico 58.
Ciro è un uomo di 39 anni ed è appena sceso dall autobus 2 che viaggiava in direzione Don Bosco.
Quello che ad oggi sappiamo è questo:
– 29 dicembre 2015 alle ore 21 circa, Ciro è sull’autobus 2 in direzione Don Bosco. Cinquanta metri prima dell’incrocio con via Ala di Stura scende alla fermata ed attraversa la strada.
– Corso Grosseto è una strada andata/ritorno composta da viale centrale di tre corsie (la prima preferenziale per i mezzi di trasporto pubblico) e controviale con una corsia ed auto parcheggiate. Il fatto è accaduto tutto nelle tre corsie del viale.
– Si sa che l’auto è un’utilitaria fiat punto “civetta” delle FF.OO., che non era una pattuglia di zone e che non ci sono segni di frenata lungo il tragitto prima dell’impatto. La pattuglia non stava rispondendo a chiamate di emergenza e non era impegnata in quel momento in nessuna operazione.
– Sappiamo che alcuni condomini dei palazzi intorno hanno da subito circondato la vettura che stava a circa 80 metri dal punto d’impatto e che fino all’arrivo della polizia stradale nessuno degli occupanti del mezzo è sceso.
– infine si sa che la vittima è rimasta sola parecchi minuti prima dei soccorsi, all’arrivo della polizia stradale i due occupanti della punto sono stati portati via dalle pantere; a nessun parente è stato concesso di vedere la salma fino al giorno 4 sera presso la camera ardente e lo stesso giorno hanno concesso il nulla osta all’ossequie ed il 5 è stata fatta sepoltura.
L’Associazione ACAD e i Familiari di Ciro chiedono a CHIUNQUE SIA STATO TESTIMONE dell INCIDENTE (anche non per fini giudiziari ma anche solo informativi) di mettersi in contatto con Noi scrivendo alla mail veritaperciro@gmail.com specificando nel titolo “per Ciro Lo Muscio”.

I Familiari di Ciro – ACAD Ass. Contro Gli Abusi in Divisa

Da Ilaria e Lucia gesto di verità e umanità

ACAD (Associazione contro gli abusi in divisa) è, senza se e senza ma, al fianco di Ilaria Cucchi e Lucia Uva che hanno avuto ancora una volta il coraggio di denunciare senza paura il fenomeno degli abusi in divisa partendo dalla loro storia personale, rompendo opacità e silenzi complici.
Il vero scandalo è che le persone ritratte in quelle fotografie, peraltro già pubbliche e a disposizione di tutti sui social network, siano ancora al servizio dello Stato dopo quanto già sia stato appurato sul loro comportamento e sulla loro condotta.
Le denunce e le minacce, che in questo momento arrivano a Ilaria, non sono nulla in confronto alla solidarietà dilagante che si sta già esprimendo in queste ore e che chiediamo a tutte e tutti di esprimere con ancora più forza. Abbiamo sempre creduto che il primo complice delle violenze e degli abusi sia il silenzio, velo pesante che spesso cade su queste storie, coprendole e facendo scomparire i volti e i sorrisi delle vittime.
Qualsiasi gesto che rompa questo silenzio è un atto di verità, di giustizia sociale, di umanità.
Qualsiasi gesto in questa direzione grida “mai più”.
#iostoconilaria #iostoconlucia #bastaabusi

ACAD Associazione Contro gli Abusi in Divisa