ACAD

-Associazione Contro gli Abusi in Divisa – ONLUS –

Presidio DEL Maggio

Sabato 25/5/19 dalle 14:30 sotto la casa circondariale di Viterbo
In solidarietà ai detenuti e ai loro familiari, perché parlare di carcere è sempre più necessario, per non lasciare sola/o nessuna/o, né dentro, né fuori.
Vi invitiamo tutte e tutti a portare il vostro contributo con musica, lettere e voci.
Noi porteremo casse e microfono per trasportare le nostre parole oltre le mura del mammagialla.

🚞-Dove
Strada Statale, Str. Santissimo Salvatore, 14/B, Viterbo.
🚗-Come arrivare in auto
dalla città di Viterbo percorrendo la Via Teverina verso verso Celleno – Bagnoreggio.
🚌-Con i mezzi
linea 5 Francigena trasporti città di Viterbo, 4 corse al giorno – 2 con destinazione Viterbo, 2 con destinazione Grotte, O, cotral via Diaz a 3 minuti da stazione p. Romana per Farnese o Bagnoreggio, scendi dopo 5 fermate Prvle Teverina e 3 km a piedi.

“Anche se voi vi credete assolti, siete per sempre coinvolti”

🔴Perché Viterbo?

Al Mamma gialla, secondo quanto scritto nelle lettere di seguito riportate, si sono consumati pestaggi e torture:

(Riportiamo stralci di lettere dei detenuti inviate a Patrizio Gonnella presidente di Antigone e pubblicate sul Manifesto).

“Mi hanno tenuto in mutande di inverno per giorni in una ‘cella liscia’ e sono stato preso a pugni, ho la testa piena di cicatrici”. “Hanno tre squadrette solo per menare i detenuti”. “Se dico qualcosa qua mi menano”. “Sempre più torno a convincermi di trovarmi in un mondo infernale. Si ricevono umiliazioni da parte delle guardie quando nelle perquisizioni che effettuano settimanalmente lasciano la tua cella sottosopra. La divisa che indossano dà loro un potere, non dà loro nessun onore e possono quindi infierire sul detenuto, come e quando vogliono, renderlo indifeso. Sono diverse le storie di percosse che han subito alcuni detenuti della mia stessa sezione e rimangono celate nel silenzio. Qui si vive con la paura individuale, il buio, gli incubi. Per ora ancora sopravvivo, ma quando uscirò da questa struttura lotterò perché la verità esca fuori”.
E ancora: “Sono stato malmenato dalle guardie, picchiato forte da farmi perdere la vista all’occhio destro. Un trauma alla testa per le pizze e i pugni che ho preso senza motivo, perché ho chiesto più volte all’appuntato di poter andare a scuola e le guardie mi rispondono: ‘A scuola non ci vai’. Io gli rispondo: ‘Fate i mafiosi con me senza motivo’. Passano quattro o cinque minuti e mi vengono ad aprire la cella. Mi portano per le scale centrali e lì hanno cominciato a picchiarmi forte tra calci, schiaffi, pugni e sono intervenuti altri con il viso coperto. Erano otto o nove. Mentre mi menavano dicevano: ‘Noi lavoriamo per lo stato italiano, negro di merda. Perché non torni al paese tuo?’”.